Consulta pari opportunità
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
(Art.3 Costituzione della Repubblica Italiana)
Programma
Saluto del Dirigente Scolastico
Prof.ssa Concetta Guida
Saluto del Sindaco della città di Solofra
Prof. Antonio Guarino
Saluto del Presidente della Commissione Pari Opportunità
Sig.ra Carmela Palomba Giliberti
Saluto dell'ass.re al bilancio del Comune di Solofra
Dott.ssa Orsola De Stefano
Presentazione delle attività e degli interventi effettuati dalle psicologhe nell'ambito del Progetto "Ed. all'Affettività"
Dott.ssa Antonietta Dell'Anno
Dott.ssa Raffaella Manganiello
Gli alunni della Scuola Secondaria di 1° grado " F. Guarini" illustrano le impressioni ricevute dagli incontri
con le psicologhe
Intervalli musicali eseguiti dagli alunni della Scuola Secondaria di 1° grado "F.Guarini" dei corsi di
Strumento Musicale
Moderatore (sociologo e consulente familiare):
Dott. Paolo Matarazzo
Io sono la dottoressa Dell'Anno Antonietta, la psicologa che si è occupata del progetto "Educazione all'Affettività" con le classi T.
Gli obbiettivi che si intendeva raggiungere erano:
- La conoscenza di sé e degli altri rafforzando la propria autostima;
- Prevenire ed affrontare le problematiche affettive e psicologiche tipiche della fase di passaggio dell' adolescenza;
- Migliorare la capacità di gestire e comunicare le proprie emozioni per mettersi in relazione con gli altri ed affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana;
- Migliorare i rapporti tra i compagni e prevenire e attutire le piccole conflittualità spesso presenti in classe.
Sono stati previsti così 4 incontri di 2 ore ciascuno per ogni classe. Tra le varie metodologie nell'incontro con la classe ho dato particolare rilievo al CIRCLETIME, cioè la disposizione in cerchio dei ragazzi, eliminando i banchi e la cattedra.
In questo modo ho cercato di favorire un tipo di apprendimento diverso dalla classica lezione frontale, cattedratica, ma un apprendimento che favorisse la conoscenza reciproca più approfondita, lo sviluppo di rapporti interpersonali più gratificanti e lo scambio di opinioni sui vari argomenti dando spazio anche alle richieste e ai bisogni dei ragazzi.
Da come si disponevano, dal modo in cui si guardavano o non si guardavano, mi sono resa conto che in classe c'erano dei problemi, cosa che mi è stata resa palese quando si sono presentati. Per questo motivo ho dedicato i primi incontri ad approfondire la conoscenza fra i ragazzi e le
ragazze del gruppo classe utilizzando quello che io ho chiamato il GIOCO DEL CHI SONO IO?.
Da ciò che emergeva mi rendevo conto che anche qui, come di solito accade, i ragazzi non si conoscono per ciò che sono, ma per ciò che fanno. Ognuno per gli altri è "quello" che risolve i problemi di matematica, "quello" che gioca bene a calcio, "quello" che non fa mai i compiti o fa disperare i professori.
È difficile che i compagni di classe si conoscano per le proprie idee, i propri sentimenti, le proprie esperienze, si ride e si scherza sulle caratteristiche fisiche e caratteriali degli altri, senza rendersi conto che sono proprio queste qualità che fanno di ognuno una persona unica.
Una conoscenza un po' più approfondita c'era solo nei vari sottogruppi, fra i ragazzi che si frequentano anche fuori dalla scuola.
In particolare notavo una notevole mancanza di integrazione tra maschi e femmine quasi in ogni classe, e la mancata accettazione del "diverso" che poteva essere un bimbo straniero o magari solo un po' più timido. Ciò comportava lo schierarsi dell'uno contro l'altro, o che qualcuno rimanesse escluso da tutti o diventasse il capro espiatorio, subendo, a volte, un vero e proprio processo di
emarginazione.
Per questi motivi ho presentato ai ragazzi l'immagine della classe intesa non come la semplice somma di ragazzi che sono costretti ad incontrarsi ogni giorno in uno stesso posto, l'aula, ma la classe intesa come una SQUADRA, nella quale non esiste il più importante dell'altro, un portiere non può giocare senza i difensori e questi senza gli attaccanti, e tutti insieme senza coloro che sono in panchina pronti a sostituirli appena ce n'è bisogno, in una squadra tutti, pur avendo ruoli diversi, sono importanti e c'è bisogno del contributo di ognuno di loro per poter vincere quello che io ho definito il loro campionato: arrivare insieme in 3 con COMPETENZE; CONOSCENZE E CAPACITA'.
La scuola per tanto non deve essere vista come un peso in più da portare nello zaino, ma come un "campo sportivo" dove ognuno va a giocare il suo ruolo, e il professore non è l'orco cattivo pronto solo a mettere i voti sul registro, ma un ALLENATORE che ha il proprio schema di gioco (le materie e il metodo d'insegnamento) e che come tutti gli allenatori loda i suoi giocatori quando hanno giocato bene, ma usa anche le sferzate (i brutti voti e i rimproveri) quando lo meritano.
Per questo ho cercato di tar capire ai ragazzi cne il brutto voto cne magari si prende non è diretto alla persona, ma al modo in cui questa ha studiato, per cui non è la fine del mondo non bisogna abbattersi e darsi dell'incapace per definizione, ma è uno stimolo, una risorsa per impegnarsi e fare meglio la volta successiva.
TUTTI POSSIAMO SBAGLIARE,
perché
SIAMO ESSERI UMANI.
COMMETTERE UN ERRORE NON
SIGNIFICA
ESSERE UNA PERSONA
SBAGLIATA
La squadra in sé presuppone l'esistenza e il rispetto delle regole da parte di tutti i membri.
Durante la discussione molti ragazzi si chiedevano perché erano obbligati ad indossare la tuta, da loro definita brutta, piuttosto che il loro jeans preferito o la maglietta più trandy.
Continuando con la metafora della squadra ho fatto capire loro il significato del concetto di appartenenza, quindi è venuto fuori il concetto di Stato, di Nazione, di Bandiera e che come per il giocatore è un onore indossare la divisa della propria squadra, per loro questa tuta segnalava a sé e agli altri l'appartenenza della squadra prima.... Alla "Francesco Guarini"..
Era entusiasmante vedere lo sguardo dei ragazzi che si illuminava sempre di più e mia grande gioia è stata quando nell'incontro successivo, in una classe nella quale alcuni non volevano proprio saperne di indossare la tuta e si erano anche fatti esonerare dall'indossarla, loro stessi mi hanno fatto notare che avevano recepito il messaggio indossando la tuta con fierezza.
Gli incontri successivi sono stati dedicati al lavoro sulle EMOZIONI, cosa sono, a che servono, quali sono le loro differenze dai sentimenti.
Le emozioni sono un segnale che ci consente di conoscere:
- Ciò che accade,
- Ciò che vogliamo,
- Ciò che per noi è importante,
sono momentanee e legate alle situazioni che stiamo vivendo. Esse ci vengono segnalate da una parte del nostro corpo che io chiamo LA CASA DELLE EMOZIONI: LA PANCIA; ad es. quando siamo arrabbiati, se ci facciamo caso, notiamo che ci fa male la pancia, è come se qualcuno ci stesse dando tanti pizzicotti.
Le emozioni sono tante ed ognuna di esse ha un nome, per tanto più emozioni sappiamo nominare e più saremo in grado di capire noi stessi e gli altri e di esprimere cosa sta accadendo dentro di noi. Le emozioni non sono né buone né cattive, né giuste né sbagliate, anche se spesso i comportamenti che ne derivano non sono sempre corretti.
Sapendo che tra le emozioni quella che è più diffìcile da gestire è la rabbia con i ragazzi ho lavorato molto su di essa e sulla sua gestione.
Ho presentato loro l'immagine della rabbia come se fosse la punta di un iceberg, che come tale ha una parte emersa che noi definiamo rabbia, ma anche una parte sommersa, molto più grande di quella emersa che è rappresentata da tante altre emozioni delle quali spesso non ci rendiamo conto che possono essere il sentirsi addolorati, feriti, delusi, impauriti, rifiutati, preoccupati, impotenti, soli.
Durante questi incontri prendendo spunto da una circolare giunta in classe sul bullismo e legandola alle emozioni abbiamo discusso di questo fenomeno attualismo: chi è il bullo (ciascuno che compie degli atti di vessazione e presa in giro), cosa fa, e cosa possono fare gli altri anziché osservare
quando qualcuno compie atti di bullismo.
Insieme abbiamo capito quanto è utile riconoscere quali sono le emozioni che non ci fanno stare bene per cercare di trasformarle, evitando di condannare o svalutare se stessi o gli altri per le emozioni che vengono manifestate.
Ci sarebbero tante altre cose da dire su emozioni e sentimenti provati insieme durante gli incontri e per questo lascio la parola ai ragazzi.
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